splendore, che noi abbiamo immaginato), da poco, dicevo, un segnale giallo arancio reca il nome ,·:-::-:,. Mi sono fermato per vedere. Forse sono stato, fino a oggi, il solo visitatore. Come la metropoli di Baudelaire rivisitata da Benjamin può essere vissuta in distrazione, per abitudine (il flàneur non la vede se la folla non lo prende a spinte e gomitate) così anche questi resti, per una folla di ombre, sono oggetto d'indifferenza. Dunque, mi sono fermato e ho cercato di capire la pianta del luogo, se fosse casa di vivi o di morti, o fornace. Ne ho ricevuto l'impressione di un labirinto. Se quella al centro dei muretti venuti alla luce fu una stanza o una tomba (il cuore di una tomba, e il resto cresciuto intorno al defunto) chi mai poteva entrare e uscire (se fu casa) considerando che non ha ingressi? Ma è una fornace, e quello è il forno... No, è un «abitato», c'è scritto sul cartello. Intorno il popolo di ombre mi guardava ridendo. Immagino le risate quando un cane da pastore, venuto di corsa giù per il viale mi ha costretto a filare via. L'esprit des lois è l'esprit de propriété: anche per un cane da guardia. Per chi non sia nuovo del luogo non dovrebbe essere possibile l'indifferenza, la distrazione. Invece è possibile. Pochi degnano di uno sguardo questi resti. Quando erano sparsi per le macchie (o per gli oliveti, come San Bruzio, inconcepibile, inutilmente imponente in mezzo a una campagna, bello più per questo che per le residue architetture romanico-lombarde. A. me ne parlò in treno, andando a Pistoia, sinceramente commosso) vi era, anche allora, convivenza e abitudine, quindi indifferenza e distrazione. Solo il viandante era scosso dallo shock. Questo allora era un pianeta assoluto, che aveva i suoi confini a sud a nord e a levante (colline più alte dell'Everest) e il mare a ponente. Un pianeta immerso nella luce. Ora solo la luce è la stessa. Il resto non è neppure Kitsch, rivisitazione di luoghi comuni. Il pianeta 138
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