Il piccolo Hans - anno XXI - n. 83/84 - aut./inv. 1994

Immagini. È stato lui il maestro, l'istitutore dei ragazzi poveri e ricchi di questo secolo, raccolti in un centro oscuro, timorosi e immobili nel silenzio e nell'inerzia. Il gioco di rimandi, lo schermo dello schermo. M. - Noi siamo la generazione educata dal cinema. S. (il vecchio) - (Lo guarda stupito e non dice niente) M. aveva ragione. Nella corrente del racconto di questo secolo, siamo stati attori e spettatori. E via via abbiamo imitato gli atti e le scene, le parole e i gesti dello spettacolo. Non ricordiamo più il tempo in cui lo spettacolo non era ancora cominciato. Sta per finire il secolo del cinema. Gioco di corte parla di una generazione che non sa uscire dal personaggio. E se uno si fa uccidere perché il suicidio lo farebbe entrare ancor più nella parte, diventare ancor più personaggio -, se uno si fa uccidere diviene personaggio letterario. Come sia impossibile la scomparsa, il silenzio. Entra negli interstizi tra l'immagine e la parola. Ritorna l'idea (quasi fissa): dove finiscono le parole, chi le raccoglie in una stanza vuota? E gli sguardi, che cadano prima di incrociarsi con altri sguardi? La vita forse è questo scialo: di parole non raccolte, di sguardi che non s'incrociano. L'interferenza telefonica determina un incrocio non progettato. I numeri invece compongono un volto conosciuto, di là c'è chi raccoglie parole e sguardi. Come l'assenza possa aprire un vuoto pieno d'immagini e di suoni. In questa vanitas, in questi interstizi s'insinua la poesia di Magrelli. Diventa nero su bianco. Riprova. Quello che accade tra la calamita e la limatura di ferro. La limatura, la guida il vento magnetico. Ma chi 134

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