Il piccolo Hans - anno XXI - n. 82 - estate 1994

[Prazzesco: per Edmund Wilson (che conia questo neologismo in The Bit between my Teeth) il lavoro di Mario Praz non si può definire altro che così, con un aggettivo che rimanda, in maniera circolare e tautologica, alle qualità individuali del critico. Quando parla di Edmund Wilson, Manganelli ha lo stesso problema: come definire un critico amatissimo, ma difficile da irregimentare in una scuola o in un movimento? Manganelli se la cava con queste parole: «Il compito del vero critico è quello di non capire alcune cose, di essere totalmente impervio a taluni valori perché altri gli si svelino con incontestabile chiarezza». Come non ricordare, leggendo queste righe, il Manganelli che dice «Non l'ho letto e non mi piace», spiegando che il compito del critico sta soprattutto nel sapere quali libri non leggere. All'indietro, in questa linea, Charles Lamb parla della sua intelligenza come di un'intelligenza imperfetta. Il suo guardaroba intellettuale non contiene abiti completi, ma solo pezzi sparsi: frammenti e ritagli di una verità che non si presenta di faccia, ma con un lineamento, al massimo di profilo. Ancora una definizione in negativo, cheMario Praz adotta e fa sua, perché proprio questo modo di leggere i testi è all'origine del prazzesco che affascina Edmund Wilson. «I miei saggi non sono che una conversazione con il lettore» spiega ancora Charles Lamb. Una conversazione fatta di leggerezza, divagazioni, idiosincrasie e passioni. Mario Praz fa l'elenco dei libri letti assieme a quello dei mobili di casa. Fassbinder racconta due film del suo regista preferito, Douglas Sirk. Nabokov segue le tracce di una lorgnette da Madame Bovary a Anna Karenina. Questo modo di conversare - è ancora Edmund Wilson che ci viene in soccorso -è «da contemplare, da aver caro e da gustare». È ricco e «oscuramente felice» suggerisce Mario Praz. Come gli scritti "imperfetti" di questa antologia.] Mariarosa Mancuso 98

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