Il piccolo Hans - anno XXI - n. 82 - estate 1994

risultato che l'elocuzione normale, intendo dire: mantenuta finora dal libro, non potrebbe garantire. Questo risultato è.un significato. Che la vita del burattino, come voleva Manganelli, «è tutta compresente, è priva di senso, ed è essa stessa il senso, la totalità del significato»? o che la scrittura è condannata ad essere sempre in ritardo sul proprio enunciato? O finalmente: che il senso (l'interpretazione) di un testo è il suo stesso «anticipare»? - cercando di capire fino a che punto può essere qui utilizzata la funzione della fretta in psicoanalisi... Mi rendo conto che io stesso, con questa nota, sto producendo un tipo di anticipazione, precipitando un brano di libro verso una lettura ipotetica, dunque futura perché ancora tutta da costruire: da parte del testo stesso, aggiungo. Questo, a partire dal modello, altrettanto congetturale, di una critica che parla dal di dentro, secondo le regole proprie del libro stesso, che nel caso sono le regole del racconto. È anche vero che Pinocchio in quanto diventi critico del Pinocchio, immediatamente ne rompe le regole. Come se in un momento di follia e di verità, il personaggio insinuasse: Ecco, non nel modo che avete avuto finora sottocchio, ma in quest'altro modo andava scritta la mia storia. Del resto, che il «bugiardo» Pinocchio si faccia critico, sia pure un critico particolare che non dimostra ma riscrive, vuole dire che smette di essere bugiardo? Non ne sarei così sicuro, come non mi sentirei di sottoscrivere alla tesi opposta, che la sua menzogna, o indecidibilità, sia la sostanza della critica - nemmeno della critica dispari. Non è il caso di procedere oltre con Pinocchio critico del Pinocchio. Oltretutto per evitare l'equivoco che questa divagazione sullo scampolo collodiano contenga, in maniera più o meno latente, le regole di un nuovo far critica. Ciò di cui 40

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