Il piccolo Hans - anno XXI - n. 82 - estate 1994

Queste riflessioni lo accompagnarono durante la convalescenza. Si era abbandonato alla debolezza, ai pensieri lugubri, così insoliti in lui. Poteva essere morto sul colpo. Invece era vivo, comodamente seduto in poltrona ad aspettare il medico, che lo visitava una volta al giorno. Aveva scoperto la complicità. Il padre, la madre, il medico stesso e, alla fine, i giudici ebbero tutti cura di lui, e quando uscì di nuovo per le strade della città si accorse che gli sguardi della gente erano di simpatia. La sua trasgressione non pareggiava con quella del rivale. E poi, ne era uscito con un'aureola di martire. L'idea meno tormentosa, durante il mese trascorso in casa per guarire della ferita, era stata anche la meno adatta alla circostanza che lo aveva portato sull'orlo della sua giovane esistenza: morire non è passare di colpo dalla vita alla morte: è, invece, attraversare un vasto continente. Ora ne possedeva le prove. Quando aveva visto il lampo e sentito quel dolore al collo, si era abbandonato a una sensazione molto simile alla stanchezza. Si era piegato sulle ginocchia ed era caduto morbidamente sul selciato. Non sentiva più dolore, non si lamentava. Disse a se stesso: «Sto morendo» e subito rifletté sulla sorte che gli era toccata. La riflessione si perdette in uno spazio e in un tempo immobili. Vide i soccorritori, sentì che lo sollevavano per deporlo sulla lettiga, sentì le mani del medico intorno al collo, udì le voci e le parole del padre e della madre. Solo la stanchezza lo richiamava alla vita, al tempo che scorreva. Camminava tra la vita e la morte e un gruppo di persone, di soldati gli parve, camminava dietro a lui. La risata di Emma poneva il suggello del comico a una storia d'amore e di tradimenti. «Tu, René, sei un problema. Voglio dire che non hai niente del personaggio dei vecchi romanzi. In te s'intrecciano idee e sentimenti». La risata lo aveva ferito, la spiegazione invece lo lusing ò . 21

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