Il piccolo Hans - anno XXI - n. 82 - estate 1994

della sua stessa essenza di presente. Ma fascino anche, perché ci si accorge che un simile presente, proprio nella sua vacillante povertà, ha in sé qualcosa di perfetto, di meravigliosamente eterno. Tale presente si rivela un assoluto fatto di quasi nulla: un nonnulla di essere, che però è tutto, perché è-qui, è l'unica cosa che può essere-qui. La presenza di questo essere-qui ci viene rivelata attraverso la scrittura. Una scrittura presente, una Presenza della Scrittura, in cui balena appunto qualcosa di perfetto. Cosa sia questa perfezione, lo intrasentiamo solo, lo comprendiamo a stento. Ma Cecchi riesce a portare tale Perfezione fino a noi. Cecchi, in altre parole, è riuscito a toccare il mistero del presente, come presenza al tempo stesso minima e assoluta: presenza banale, quotidiana, contraddittoria, incerta, e però perfetta. E tutto ciò appare collegato, in un modo altrettanto misterioso, con la presenza della scrittura e della letteratura. Una letteratura che ci si offre solo nella dimensione di un presente eterno; una scrittura che ci mostra l'eternità di questo minimo presente. Su questa scoperta di Cecchi, su questa sua scrittura (ora lo possiamo dire: stupenda) occorrerà riflettere ancora a lungo. Giampiero Comolli 181

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