Il piccolo Hans - anno XXI - n. 82 - estate 1994

da Vienna or è molt'anni impiegata all'Oca d'Oro in piazza San Venceslao a Praga, pensate! «Aber denken Sie nur einmal!» Io sospetto perfino che sia tedesca, poiché non tutte le iperboli sono americane. Brunelda, la smisurata cantante smessa di cui Delamarche è drudo, masseur, cassiere e siniscalco: una, suppongo, di quelle ondine wagneriane che facevano straripare il Reno, Valchiria da sfiancare anche il cavallo del Colleoni. Quando Karl, temporaneamente suo famiglia, se la tira dietro in carretta a un nuovo alloggio, ha preso cura di avvilupparla tutta in un gran panno grigio per celare lo scandalo. «Ehi, quel giovane» domanda un passante «che porti?» «Patate. » «Devono essere dieci sacca. » Dice un altro passante: «Ehi, quel giovane, che c'è nella carretta?» «Mele.» «Ma è tutta la raccolta! » Questa, la donna-cannone, le sbornie e i patemi di Robinson, la pompa e l'atrabile del capo-portinaio all'Hotel Occidental, appartengono a un genere comico in cui Kafka doveva uguagliarsi in seguito, non superarsi mai. Le fonti sono- nell'umorismo inglese, specie di Dickens; ma questo era un gioco. Kafka è un delirio. Suggerimenti di caricatura astrattista gli venivano in quella prima fase anche dagli specchi curvi, deformanti, in cui l'opinione popolare mirava l'America del tempo, ancora di americanate, non ancora di americanità. Di dovunque gli venissero allora o poi, sceltasi un'ipotesi immaginativa, datosi un abbrivo, filava con logica demente agli ultimi assurdi. La verosimiglianza non valeva «legno ficulno». L'estremità del grottesco è raggiunta attraverso una prosa limpida, classica, desunta impeccabilmente da Goethe, acqua tersa d'acquario in cui nuotano forme e vite mostruose. Forse si ride. Ma è riso da titillazione sadica, da Jardi7:1des Supplices. «Morir dal ridere.» 135

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