cumenti che propongo - e li propongo perché si abbia almeno un'idea delle complicazioni che aveva provocato il dibattito nelle sue varie fasi - sono: quello di Galeotto Marzio: Se nel coito sia maggiore il piacere della donna (1489); quello di Domenico Terellio: Se nel coito sia più grande il piacere del maschio o quello della femmina (1578); quello di Francesco Piazzoni: Dove si tratta d'una questione non meno utile che piacevole: se nel coito provi più piacere il maschio o la femmina (1621)5. I medici avevano, per tutto il tempo del dibattito, trascinato nel loro discorso anche numerosi giuristi e filosofi, che cominciavano - quasi per conto proprio - ad avvertire la modificazione in corso nella società europea e iniziavano a preoccuparsi degli effetti che essa avrebbe avuto sulle loro discipline. Di notevole interesse, per esempio, il quadro in cui André Tiraqueau (1480-1575), magistrato e parlamentare francese, colloca il racconto del giudizio tiresiano sull'intensità del piacere. Tiraqueau scrive che il racconto greco tramandato da Ovidio altro non sarebbe che la divulgazione, nel linguaggio del mito e della poesia, d'una percezione scientifica della differente fisiologia dell'uomo e della donna. Secondo il grande esperto delle consuetudini matrimoniali del Poitou non deve insomma sembrare strano che le donne provino, molto più estesamente dei maschi, gli esecrandi piaceri del sesso. Il fatto è che, se si ascolta quello che sostenevano tanti esperti - antichi e moderni - del funzionamento del corpo umano, il diletto femminile nel coito è doppio (extensive duplicata est in {emina concubitus voluptas) di quello degli uomini esclusivamente per via della conformazione degli organi genitali muliebri6 • La rivelazione di Tiresia e la sua ripresa ormai demitologizzata nella cultura del rinascimento dev'essere dunque concepita come trascrizione d'una scoperta biomedica che, nel corso dell'età moderna, s'imporrà in modo sempre più capillare nella letteratura scientifica portando a una impu58
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