Il piccolo Hans - anno XX - n. 79/80 - aut./inv. 1993-1994

fica, quella che organizza la psiche del soggetto, attraverso la rappresentazione. Nel 1893, conquistato con gran premura l'handicap della ferrovia al di là del quale si configurava «lo stimolo indispensabile alla sua pittura», questo giardino delle ninfee che permette a Monet di scoprire la serie avvio di tante, e sarà poi l'oggetto dell'ultima, dovrà attendere fino al 1915 per essere quello rappresentato. Nel frattempo, Monet dipinge, e lo dipinge compiuto, in tutte le luci possibili, da vicino e da lontano, cogliendo tre ninfee sull'acqua o un cespuglio che ormai non ha più tanta urgenza di realizzare sul terreno acquisito. Si tiene entrambe le tele, entrambe le superfici fondamentali, e la rappresentazione incompiuta dell'una diviene capace di ospitare paesaggi stranieri e lontani, i ponti giapponesi, la montagna norvegese, le vedute londinesi. Il soggetto mutante appartiene contemporaneamente alla vita e alla rappresentazione tanto che è difficile stabilire in quale dei due àmbiti si collochi prima. La mèta genitale semplifica il rapporto complicato che il soggetto intrattiene con il modello. Nella perversione il modello è sostituito dall'identificazione, da un mettersi al suo posto che impedisce le architetture del soggetto mutante, ed è per questo che ho detto che per il perverso la vecchiaia si pone all'inizio dove tutto è già accaduto. Al contrario, l'isterico ha l'infanzia alla fine. L'identificazione alla madre si afferma progressivamente in un dilatarsi del tempo del fondamento psicotico, e la protesi ne fa parte. In quanto precede il luogo della fobia e sa di simbiosi con il corpo incombente, sin dalla nascita, dell'espressione materna (una mia analizzante ripeteva un verso di una poesia, la prima appresa a tre anni, in francese: «Et la Vierge penche sur lui son visage charmant »). Nell'atelier, il modello invece viene con l'opera in cui si scoprono il rnmanzo familiare e le teorie sessuali in53

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