Il piccolo Hans - anno XX - n. 79/80 - aut./inv. 1993-1994

Questa è la funzione della protesi. Essa serve a ridurre il vigore dell'animato e a contenerlo perché al soggetto sia possibile strutturarsi nella rappresentazione. Durante le mutazioni, serve come sostegno di una teoria inventata (il passaggio dal fondo psicotico al luogo della fobia a quattro anni, il passaggio dalla latenza al secondo culmine della sessualità a quattordici, il ripresentarsi di un'identificazione ai genitori nella menopausa), il sapere inconscio della quale impedisce all'anatomia di frantumarsi (a quattro anni nell'angoscia della perdita e nel terrore del morto vivente, a quattordici nella schizofrenia, a cinquanta nella depressione). Se il soggetto non si mantiene attraverso la protesi un soggetto mutante, l'incertezza lo spinge a cercare i propri pezzi altrove. La protesi regola sin dalla nascita i rapporti tra animato e inanimato. A quattro anni l'attribuzione al «fapipì» di connotato del vivente non scioglie completamente la serie delle combinazioni possibili. Un morto è vivente? Il nonno morto ritornerà? La definizione «la sedia non ha il fapipì ma la giraffa sì» non risolve la questione se lo sperma sia animato o inanimato, i granelli di sabbia lanciati negli occhi dei bambini del mago Sabbiolino continuano ad essere il perturbante. Così ritenere che il fabbro che lavora l'inanimato sia in grado di sostituire il fapipì o il popò è un primo passo di rinuncia alle teorie sessuali infantili, un accomodamento in virtù del quale il montaggio di animato e inanimato, che caratterizzava l'architettura del luogo della fobia, esce dalla capacità di costruzione del soggetto per, apparentemente con gli stessi elementi, dare luogo a una formazione sostitutiva priva di responsabilità. La teorizzazione della protesi nel luogo della fobia perde efficacia nel suo affido a un gestore, e contemporaneamente si affaccia la forma della nevrosi, in particola38

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