Il piccolo Hans - anno XX - n. 79/80 - aut./inv. 1993-1994

semiotica che serve a complicare, confondere e imbrogliare l'identità del soggetto. Tutti i casi di cui abbiamo parlato finora sono esempi di una manipolazione dell'identità. Difficile pensare che una pratica così sistematica di sofisticazione della corrispondenza fra apparenza e identità resti senza conseguenze, o possa cessare a piacimento. L'imbroglione si porta dietro un'abitudine al sospetto. Si può partire da un particolare notissimo dell'episodio di Polifemo. Dopo aver incominciato a ubriacare il ciclope, Odisseo si sente interrogare sul suo nome dal mostro, che gli promette «doni ospitali». È un inganno o piuttosto una beffa volgare, perché «il dono ospitale» consiste, come veniamo subito a sapere, solo nella promessa di essere mangiato per ultimo. Ma Odisseo risponde da par suo: Nessuno ho nome; Nessuno mi chiamano madre e padre e tutti quanti i compagni26 • Nessuna meraviglia che un uomo che si vanta così di non avere identità, che prova spudoratamente a ingannare la sua stessa dea protettrice Atena27 (che peraltro lo «accarezza» per questo, nell'atto di dirgli parole che rivolte a un eroe vecchio stile sarebbero insulti: «Impudente, fecondo inventore, mai sazio di frodi...»), non sia facilmente creduto sulla parola. Né sul corpo: anche la scoperta della cicatrice sul ginocchio che una vecchia serva riconosce subito come sua (Od. XIX, 388 sgg.), può soddisfare solo gente di condizione inferiore. Penelope non si accontenta affatto, e propone a Odisseo il famoso saltafosso del letto, lasciandogli intendere che qualcuno potrebbe spostare il talamo nuziale per fargli posto (Od. XXIII, 274). Ma Odisseo ricorda benissimo di averlo costruito lui stesso segretamente sul tronco di un ulivo ancora radicato in terra, e che quindi non è possibile muoverlo dal suo posto. È questo segreto 189

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==