Il piccolo Hans - anno XX - n. 79/80 - aut./inv. 1993-1994

re» greco per eccellenza, Dedalo, rientra benissimo m questa storia. La disposizione alla metis di Odisseo non è priva di inconvenienti e di pericoli. Le storie posteriori, le elaborazioni letterarie e le leggende coincidono nell'assegnare al «divino» eroe dell'inganno una brutta fine24 . Se tralasciamo il destino del vecchio Odisseo e stiamo alle sue avventure omeriche, una difficoltà soprattutto ci colpisce. Odisseo deve superare molte avversità per tornare in patria, ma una volta arrivatoci non è affatto al sicuro. La sua autorità è contestata, la sua vita stessa è in pericolo. Letteralmente la metà dell'Odissea, dal canto tredicesimo al ventiquattresimo è destinata non alle avventure del giramondo, ma alla difficile restaurazione del suo regno. Certo, il destino dei reduci da Troia non è dei più semplici, da qualunque parte avessero combattuto. Agamennone ed Enea condividono con Odissea il problema del reinserimento nella vita civile. Ma la questione che riguarda Odissea è abbastanza peculiare. Tornato alla sua isola, non rischia di cadere in una congiura come Agamennone: è troppo furbo per farsi sgozzare dalla moglie e dall'amante. Il suo problema è di riaffermare la sua autorità su una folla di pretendenti; il che significa farsi riconoscere come principe. Ma prima ancora di riconquistare il suo ruolo, è la sua identità25 che è in gioco. Nel corso di questa storia, Omero racconta una mezza dozzina di diverse circostanze in cui l'identità di Ulisse viene messa alla prova: agnizioni richieste o rifiutate, rivelazioni, nascondimenti, fino alla vera e propria prova cui lo sottopone Penelope. Vale la pena di soffermarsi un momento su questa dialettica, che fonda un aspetto centrale dell'io, quale noi ancora lo intendiamo: la sua opacità all'esterno, e dunque la sua problematicità. Che Odissea sia difficile da riconoscere non è certo un caso. La metis è esattamente un apparato di produzione 188

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