Il piccolo Hans - anno XX - n. 79/80 - aut./inv. 1993-1994

Ci basta aver notato che anche nell'altro grande testo fondativo dell'Occidente, l'irruzione dell'inganno, inteso come manipolazione consapevole dell'identità, in definitiva come metis, provoca un salto narrativo, una discontinuità nel modo di considerare i personaggi, che è evidente se solo confrontiamo questo passo con l'altro citato di Caino e Abele, precedente solo di una mezza dozzina di capitoli. Metis in Grecia ha un eroe eponimo: Prometeo, il preveggente, il previdente. È interessante il fatto che Prometeo possieda un doppio negativo, Epimeteo, il post-veggente, lo stupido che si accorge dei danni che ha combinato solo dopo che sono fatti. È ancor più interessante il fatto che Prometeo è un epimeteo, almeno per quel che riguarda se stesso: le sue azioni generose o impulsive o impertinenti che siano lo mettono in contrasto con Zeus, il quale lo fa incatenare a una roccia, com'è noto, e torturare da un'aquila che gli divora quotidianamente il fegato immortale (si nota che epar, fegato, è nella topografia delle localizzazioni psicofisiche greche una sede dell'intelligenza, come il nostro cervello). Ancor più interessante per noi - ma non inaspettato - il fatto che Prometeo si definisca come ingannatore e maestro d'inganni, prima che come generoso donatore del fuoco21 : [...] quando la loro contesa dirimevano dei e uomini mortali a Mecone, allora un grande bue, con animo consapevole22 spartì, dopo averlo diviso, volendo ingannare la mente di Zeus; da una parte infatti carni e interiora ricche di grasso pose in una pelle, nascostele nel ventre del bue, dall'altra asse bianche di bue, per perfido inganno23 , con arte dispose, nascoste nel bianco grasso. E allora a lui disse il padre degli uomini e degli dei «O figlio di Iapeto, illustre fra tutti i signori, amico mio caro, con quanta ingiustizia facesti le parti». Così disse Zeus beffardo che sa eterni consigli, ma a lui 185

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