Il piccolo Hans - anno XX - n. 79/80 - aut./inv. 1993-1994

Dopo aver incanalato per molti anni anche la psicoanalisi al fine di renderla più domestica, Freud che aveva nel 1913 interpretato il Mosè di Michelangelo come l'eroe che rinuncia all'ira e si siede, una volta esiliato a Londra, sradicato dall'origine, e malato gravemente alla bocca, ritorna su quell'interpretazione per rovesciarla. Mosè non si sta sedendo, ma si sta alzando, l'ira non è sedata ma sta per scoppiare. Da un medesimo punto di vista, la prospettiva è diversa. Ed è da questa reversibilità del tempo che l'arte garantisce, che è possibile un nuovo inizio per la psicoanalisi. I.:ira fa riapparire il romanzo familiare, la discussione sull'origine di Mosè nell'ultima opera che termina nel 1938, Mosè e il monoteismo, lo riallaccia, attraverso lo stesso inceppo alla parola che ha colpito Freud, a l'essere straniero, di un'altra religione, quella egizia, e la psicoanalisi non si trova più a dover sanzionare al posto della Legge tutto ciò che è legittimo. Quando Monet si rivolge al capo del Dipartimento per ottenere il permesso di acquistare il tratto di terra oltre la ferrovia, è ancora un artista sconosciuto. La spiegazione che dà, «mi serve per la mia arte», ottiene un risultato grazie al momento di sbalordimento che l'innesto dell'eterogeneo e dell'incongruo produce, flash del luogo della fobia e delle teorie sessuali infantili. È la stessa manovra dell'irruzione in territorio nemico che il teorico della guerra, Clausewitz, può suggerire a un esercito. Momento estremamente fugace che chi ha dimenticato di essere «nato artista» riconduce alla dimensione della «potenza psichica» che gli è più cara. L'artista è invece un soggetto per il quale il modello del luogo d'origine continua ad essere il campo di battaglia, primissima superficie fondamentale che accoglie la proiezione del luogo della fobia e l'audacia dell'invenzione. Quando Monet si accorge a Giverny della barriera della ferrovia, e ha l'idea della mappa di un possibile giardino 18

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