Il piccolo Hans - anno XX - n. 79/80 - aut./inv. 1993-1994

sta, sa come si usa una superficie fondamentale, conosce le regole della composizione e della prospettiva, si struttura nella rappresentazione, è un soggetto fatto di disegno e di rapporti tra colori, è autore di un romanzo e colloca la sua teoria tra la fantascienza e il montaggio. Ma se il fondamento psicotico lo precede (il «luogo della fobia» serve appunto a prenderne le distanze, a organizzarlo), il futuro che lo attende è in genere quello riduttivo della nevrosi. L'epica barriera del dazio diventa a poco a poco la frangia da non calpestare di un tappeto di casa, e del rapporto animato-inanimato resta il disagio di un sintomo fobico che è pur sempre il segnale che rimane del dimenticato luogo della fobia. Il soggetto dimentica presto di essere nato artista. Già accanto al «luogo della fobia», l'arte si derubrica in tecnica. La stessa tecnica che è servita alle ardite architetture delle teorie sessuali infantili si sgancia dall'invenzione e si fa funzione della ragionevolezza. Nello stesso modo che il «fapipì» del piccolo Hans di Freud dopo essere stato audacemente attribuito alla madre e negato alla sedia in quanto connotato del vivente, viene affidato al destino di una maturazione, «il fapipì è piccolo, ma crescerà», con la stessa ragionevolezza ora l'angoscia non si risolve più nell'invenzione del romanzo familiare, ma nell'affido «a chi sa», il sapere non è più protesi del corpo ma delega, e la figura di un «gestore della tecnica», l'idraulico, il fabbro capaci di sostituire all'occorrenza il fapipì, si interpone tra la capacità di ideare un montaggio del genere e l'impossibilità di realizzarlo di persona. Artista è un soggetto che a costo di essere travolto dalla materia, rinuncia al gestore della tecnica, e successivamente non conosce le attenuazioni e gli incanalamenti di quelle che Freud ha definìto «potenze psichiche», pudore, vergogna, compassione, se non come componenti della rappresentazione, velature di una _tempesta dipinta. 17

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