Il piccolo Hans - anno XX - n. 79/80 - aut./inv. 1993-1994

in cui il mondo sia rappresentato e in cui si prendano decisioni, si facciano piani, si valutino le diverse spinte dell'istinto e delle passioni, per arrivare a una sintesi unitaria. Questo è un punto assolutamente centrale nella nostra indagine. Come in Omero manca una concezione unitaria del corpo, così è assente una concezione unitaria della persona. Non si tratta semplicemente dell'anima, ma dell'io. Ogni eroe ha, come abbiamo visto, psyche, thymos, noos, possiede slancio vitale, passioni, conoscenza; ma queste non sono considerate come parti di un tutto psichico, né come centri di attività. Sono piuttosto organi passivi, che ricevono influenze dal mondo e reagiscono immediatamente ad esse, senza elaborarle ulteriormente. Quando questa elaborazione è necessaria, quando bisogna reprimere un istinto, è necessario un Dio. Rispetto al nostro concetto di persona, manca un centro, un momento di unificazione, capace di mobilitare le risorse del corpo e della psiche o di frenarne gli impulsi. L'imputazione kantiana non è possibile non per ragioni morali, ma perché la struttura psichica non lo consente. Questa concezione è molto diffusa alle origini della letteratura occidentale. Se noi guardiamo i primi capitoli della Genesi, non troviamo mai indizi che i personaggi potrebbero comportarsi diversamente da come fanno, cioè che pensino e decidano realmente la loro linea di condotta. Le loro reazioni sono immediate e irriflesse. Talvolta ci sembra quasi che agiscano in uno stato di sonnambulismo. Ecco, per esempio, come è descritto l'omicidio di Abele (Gn. 4, 2-9): Abele divenne pastore di greggi e Caino coltivatore del suolo. Or, dopo un certo tempo, Caino offrì dei frutti del suolo in sacrificio al Signore; e anche Abele offrì dei primogeniti del suo gregge e del grasso. Il signore riguardò Abele e la sua offerta, ma non riguardò Caino e l'offerta di lui. Perciò Caino ne fu molto irritato e il suo viso fu abbattu171

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