Il piccolo Hans - anno XX - n. 79/80 - aut./inv. 1993-1994

ciascuno ha con le proprie azioni. Ma è proprio qui che riconosciamo una grandissima differenza fra il nostro mondo (quello comunque posteriore ad Omero). Partiamo ancora da una considerazione di Snell: In Omero gli Dei promuovono ogni mutamento [...] L'azione umana non ha alcun inizio effettivo e indipendente; quello che viene stabilito, e compiuto è decisione e opera degli Dei. E poiché l'azione umana non ha in sé il suo principio, essa non ha nemmeno un fine proprio. Soltanto gli Dei agiscono in modo da raggiungere quello che si erano proposti; e se anche il Dio non può portare a compimento9 [ •••] Nel libro XVI dell'Iliade Omero parla di Serpedone che, morente, chiama in aiuto l'amico Glauco, il quale è ferito e non può venire. Allora Glauco prega Apollo di ridargli la forza del braccio. Apollo esaudisce la preghiera, fa cessare il dolore e «pose forza nel suo thymos». Anche qui, come in altri passi, il fatto motivato da Omero con l'intervento della divinità non ha niente di soprannaturale o di antinaturale. Per noi sarebbe più naturale che Glauco sentisse il richiamo di Serpedone e raccogliendo le forze ritornasse al combattimento. Ma ciò che noi verremmo a introdurre così nella narrazione, il fatto cioè che Glauco raccolga le forze, si concentri o come altrimenti vogliamo dire, non si presenta mai in Omero. Noi interpretiamo questo fatto immaginando che un uomo superi il suo stato per forza propria, con un atto della volontà, ma quando Omero vuol spiegarci la provenienza di questa nuova massa di forze, non sa dirci altro se non che un Dio le ha dispensate. La stessa cosa vale anche per altri casi. Ogni volta che l'uomo fa o dice qualcosa di più di quanto ci si poteva aspettare da lui, Omero, per spiegare questo fatto, lo attribuisce all'intervento di un dio. E in particolare è ignoto a Omero il vero e proprio atto della decisione umana10 • Manca insomma un «foro interiore», un luogo mentale 170

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