Il piccolo Hans - anno XX - n. 79/80 - aut./inv. 1993-1994

stanza bene in inglese con mind (mente) o understanding (intelletto). Di solito è la mente con un'intenzione, un progetto. Quest'idea così importante del noos viene a Popper soprattutto da un passo, quello «assolutamente cruciale» (Odissea X, 240) in cui Circe trasforma i compagni di Ulisse in porci: Avevano subito preso forma (demas}, muso peli e grugniti di maiali: soltanto conservavano ancora mente (nous) umana, come prima. Chiusi là dentro piagnucolavano. A Popper questo brano sembra una prova evidente di una contrapposizione mente/corpo che gli sembra così evoluta da dichiarare che il nous va letto come «intelligenza cosciente o anche con coscienza intelligente di sé». In realtà non è difficile interpretare lo smarrimento di chi ha subito un miracolo così poco simpatico anche senza attribuirgli un «io cartesiano». In realtà nessuno sostiene che gli eroi omerici fossero dei bestioni più o meno vichiani incapaci di provare sentimento di sé. Il punto è un altro, se questa esperienza fosse strutturata come la nostra. E ci sono diversi motivi per rifiutare questa ipotesi. Il primo è proprio lessicale. A guardar bene nei poemi omerici non esiste una terminologia che si possa riferire all'interiorità, ma anche le convenzioni narrative che rispettano i personaggi sono tali da escludere ogni forma di organizzazione dello spaziomentale in cui possiamo riconoscere la mediazione della soggettività. Quando c'è incertezza o decisione, questa di solito si svolge kata frena, nel diaframma. Anche il concetto di noos, esaminato con più attenzione e in circostanze più varie, appare assai diverso da come lo vede Popper. Scrive ancora Snell (1963, pp. 30-35) Troviamo in Omero due parole che significano 168

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