diano è magico proprio perché non si presenta mai vuoto: fin dall'inizio il soggetto è memoria, facoltà memorativa in atto. Scrittura e cancellazione sono compresenti: memoria è questo doppio incessante movimento. Quando Vasari, nella Vita di Filippo Brunelleschi, scrive: «però mi appare che quegli architetti che non hanno l'occhio all'eternità della fabrica, non abbino amore alle memorie», egli mette certo in relazione architettura e memoria, così come Orazio e Shakespeare mettono in relazione alla memoria poesia e architettura, ma il suo oggetto memorando è esteriore. È il monumento che dal passato si affaccia sul presente, non l'oggetto animato che ha introiettato l'impronta delle mani dell'artefice, e che precisamente lì, sul punto di quella impressione, come fosse per un contattodella mano o degli occhi differito nei secoli, può venire a sua volta introiettato come memoria, come propria memoria, dall'artista del presente. Arrivare a leggere il monumento, significa averne interiorizzata la volumetria come forma simbolica. Dagli anni '20, Panofsky ci ha cominciato a insegnare che la rappresentazione in prospettiva non fu esercizio tecnico, virtuosismo escogitato dai pittori del rinascimento per produrre su una superficie piatta l'illusione della terza dimensione, ma la forma simbolica dell'età moderna: operazione concettuale astratta e insieme unione (auµBaì...À.w) di astratto e di concreto. Nel conoscere, la mente procede per simboli. Leggere un edificio, dopo Ruskin - e certo la scuola iconologica warburghiana si innesta molto in profondità sull'estetica di fine secolo: su Ruskin, su Pater - significa metterlo in relazione alla sua forma simbolica. Allo stesso modo possedere una lingua, scrive Coleridge nella Biographia Literaria (cap. XVIII), significa possedere «quel prospettivismo mentale, quella visione dall'alto, che rende un uomo capace di calcolare in anticipo quello che deve dire, relativamente a un punto dato». 129
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