Cesare, va rilevato, anche Posidonio aveva un'esperienza diretta della Gallia, grazie ad un viaggio «scientifico» patrocinato da Pompeo; i Romani, inoltre, avevano avuto contatti diretti con popolazioni germaniche già alla fine del II sec. a.C., in occasione dell'invasione dei Cimbri e dei Teutoni. Più che a carenze di documentazione, quindi, la mancata distinzione fra Celti e Germani da parte di Posidonio va addebitata alla teoria da lui sostenuta, che non prevedeva una differenziazione del genere; la sua posizione, probabilmente, è quella testimoniata da Vitruvio, nella quale oggetto dell'interesse etnografico non sono singole etnie ma solo, genericamente, una popolazione «settentrionale». In modo analogo, per le popolazioni situate nel meridione del mondo, l'etnografia antica assimilò costantemente gli Indiani e gli Etiopi, sulla base dell'analogia delle condizioni climatiche delle aree abitate da questi popoli. Un altro significativo problema, che si poneva alla teoria geoclimatica, era quello delle conseguenze che poteva avere l'emigrazione di una popolazione dalla propria sede originaria ad un'area diversa, climaticamente diversa dalla prima. Che le caratteristiche tipiche di un popolo non si modificassero automaticamente con il passaggio in condizioni climatiche diverse era cosa evidente, anche se è probabile ci si aspettasse, almeno a lungo termine, un'attenuazione dei tratti etnici più marcati; previsioni di questo tipo, del resto, sono state variamente riproposte in età moderna, soprattutto per i neri 1 9 . Un'osservazione in questo senso, anche se in ambito zoologico, era formulata da Posidonio per i cavalli celtiberi, che cambierebbero colore se portati fuori dall'Iberia20 . Nel caso delle etnie umane, però, previsioni di questo tipo risultavano ovviamente di difficile verifica. Forse proprio questa difficoltà suggerì per alcuni casi eclatanti di trasmigrazione di interi popoli, una sorta di teoria della degenerazione. Spunti di una soluzione di questo tipo sono rilevabili, anche in 81
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