Il piccolo Hans - anno XX - n. 78 - estate 1993

glais, dove lei lavorava come cuoca. Babette li piange perché è legata a loro proprio da quel filo più tenace della morte di cui si parla nel racconto Gli invincibili padroni di schiavi. Erano due persone malvage e crudeli - spiega Babette alle due anziane sorelle - ma questa gente mi apparteneva, era mia. Era stata allevata e allenata, con una spesa molto maggiore a quella che loro, signorinelle mie, potranno mai immaginare o credere, a capire quale grande artista sono io. Potevo renderla felice. Quando facevo del mio meglio riuscivo a renderla perfettamente felice. (CD 50) Babette non può esistere senza di loro, proprio come l'esistenza di Mizzi dipende - nell'altro racconto - dal lavoro infaticabile degli schiavi. Se un nastro del suo vestito si scioglie, Mizzi resta immobile ad aspettare che «qualcuno» provveda. Nella giornata trascorsa travestito da valletto Axel scopre che l'indolente Mizzi ha così bisogno di essere servita da accettare non solo di servire a sua volta, ma anche di rischiare la vita per salvare quella di un suo domestico. Viaggiando in treno accanto a Mizzi, il finto servitore ha la certezza che «se adesso ci fosse un incidente ferroviario, lei penserebbe soprattutto alla mia salvezza» (RI 155). Il pranzo di Babette guarda a questo «legame più forte della morte e dell'amore» dal punto di vista del servo, come l'episodio del cameriere Jean. La prospettiva rimane identica. Cambia invece la struttura del racconto, attraverso una serie di trasformazioni con cui Karen Blixen forza in ogni direzione quel minimo nucleo iniziale. L'eliminazione del rapporto di dipendenza tra Babette e le sue padrone, il riapparire di questo rapporto in un contesto più drammatico (scopriamo che tra i clienti rimpianti del Café Anglais c'è anche il generale che ha dato ordine di 56

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