Il piccolo Hans - anno XX - n. 78 - estate 1993

porto di scambio: gli ospiti più esigenti si disputano i suoi servigi, lui fa del suo meglio per accontentarli. Nel Pranzo di Babette questo legame tra servo e padrone sembra attenuarsi fino a scomparire. Costretta a fuggire dalla Francia dopo la Rivoluzione, Babette è una domestica non voluta, non richiesta, accolta solo per pietà in casa di due devote signorine norvegesi, che «dedicavano il loro tempo e il loro reddito alle opere di beneficenza» (CD 10). È Babette a offrirsi di cucinare il pranzo che dà il titolo al racconto, annunciandolo come un vero pranzo francese. Lo offre a spese sue, ma questo non tranquillizza le anziane signorine, informate del fatto che in Francia la gente mangia i ranocchi. Ottiene il permesso di cucinare qualcosa di diverso dalla solita zuppa di birra e pane solo perché Martina e Filippa, colte di sorpresa, «non avevano argomenti per avversare la proposta di un vero pranzo francese». Gli invitati sono tutt'altro che intenditori: mai in vita loro avevano sospettato «che i vini potessero avere un nome». E quando Babette serve un Veuve Cliquot millesimato «capirono che quanto era loro dato da bere non era vino, perché spumeggiava. Doveva essere una specie di limonata» (CD 41). Tra padroni e servi le parti si sono scambiate. Non è più il servitore a dover essere all'altezza di ciò che gli viene richiesto. Qui sono gli ospiti, i padroni, a essere inadeguati al compito. Dopo aver costruito l'inizio del racconto sull'azzeramento del rapporto di dipendenza tra Babette e le signorine che l'hanno assunta, Karen Blixen fa riapparire questo rapporto in un contesto legato alla rivoluzione francese, a quel passato di cui Babette parla malvolentieri. Babette è stata una communard, una rivoluzionaria perseguitata, è salita sulle barricate e ha caricato i fucili per i suoi compagni. Ma nello stesso tempo piange i principi e i duchi caduti sotto i colpi di quei fucili. Principi e duchi che si sedevano abitualmente ai tavoli del Café AnSS

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