Il piccolo Hans - anno XX - n. 78 - estate 1993

Lear è sottoposto dal Fool; questo tormento stesso è saggezza, per quanto amara. E una saggezza che coincide con la pazzia ci restituisce al pertubante, a un sublime che è al di là della nostra capacità di comprensione. Non possiamo amare il Fool di Lear, e infatti non siamo Lear. Feste, quello splendido contraltare di Malvolio, è il più riuscito dei fools shakespeariani, in quanto umanizzato in maniera superba, a differenza del rancido Touchstone, che è «umano troppo umano». Il Fool di Lear è una figura a sé stante; non sembra affatto la rappresentazione di un essere meramente umano. È uno spirito che proviene da un qualche altro regno soltanto per cadere sotto il gioco della incrinata grandezza patriarcale di Lear. Forse il Fool incarna, meglio di ogni altro spirito in esilio di Shakespeare, ciò che Nietzsche riteneva la motivazione che sta dietro a ogni metafora e dietro a tutta la grande letteratura: il desiderio di essere altrove, il desiderio di essere diversi. 3. Non vi è bisogno di essere Goneril o Regan per trovare Edmund pericolosamente attraente, e in tal maniera da sorprendere costantemente il lettore e lo spettatore incauto. Con indubbia acutezza, William R. Elton suggerisce che Edmund è una anticipazione, da parte di Shakespeare, del Don Giovanni della tradizione seicentesca, culminante nella grande tragedia di Molière (1665). Elton mette inoltre in luce la cruciale differenza tra Edmund e lago, che consiste nel fatto che mentre Edmund considera se stesso, paradossalmente, determinato dalla propria nascita illegittima anche quando rivendica con fierezza la propria libertà, lago è del tutto libero. Pensate quanto strano potrebbe sembrarci se Shakespeare avesse deciso di presentare lago come un figlio illegittimo, o se, in ogni caso, ci avesse fornito una qualche informazione sul padre di lago. Ma la condizione di Edmund in quanto figlio naturale è di importanza cruciale, sebbene anche qui Shakespeare disorienti le aspettative della sua epoca. 39

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