Il piccolo Hans - anno XX - n. 78 - estate 1993

gi risulta difficile pensare alla vecchiaia di un uomo che quando morì non aveva ancora sessant'anni, egli si sapeva vecchio e vicino alla morte. Nella stessa lettera al re menzionata prima dice di essersi raccolto nella sua testuggine, come le tartarughe. Pertanto, il terzo libro di saggi, scritto tra il 1586 e il 1588 (e le addizioni successive), è il libro della vecchiaia. Interessante, dunque, per il nostro argomento, l'abbandono del metodo della preparazione rimpiazzato dal metodo della diversione (de la diversion), termine quest'ultimo che va inteso innanzitutto etimologicamente. Nell'opera di Montaigne si disegna un campo semantico coerente quando si tratta del metodo della diversione: i termini che concorrono sono «détourner, fourvoyer, dissoudre, dissiper, dispenser, soulager». Due esempi possono renderlo chiaro: se si tratta di quelli che vanno al supplizio, dice il moralista, ben vengano le preghiere rumorose, le emozioni forti, riescono a far sì che «ils destournent de la mort leur consideration» e in qualunque caso, aggiunge, davanti a qualunque dolore «la variation soulage, dissout et dissipe». Se il metodo della preparazione faceva dello spirito il maestro intollerante del corpo, il metodo della diversione rivendica i diritti dei piaceri che questo può procurare e attraverso i quali può istruire l'anima. L'anima e il corpo sono adesso un'unità inscindibile. La mutazione di Montaigne, che certamente va messa in rapporto coi fatti dei suoi ultimi dodici anni di vita, non sfugge alla sua teorizzazione. Egli ci offre dettagliatamente le ragioni per cui ha abbandonato lo stoicismo, che chiude il soggetto nell'egoismo e nell'arroganza, e che è, inoltre, smentito dall'esperienza. Interrogando il suo lo, osservandosi, raffigurandosi senza curarsi troppo delle sue imperfezioni, egli conclude che la natura umana, e in primo luogo la sua, è vanitosa. Se riflette su ciò che lo ha spinto a fare il suo lungo viag29

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