Il piccolo Hans - anno XX - n. 78 - estate 1993

con l'idea di assimilare il tempo dell'analisi al tempo che rimane da vivere e identificare la fine dell'analisi con la minaccia di morire. Ci sono forse due figure del tempo vissuto nella vecchiaia che devono essere analizzate. Ho trovato due illustrazioni molto belle in Alice in Wonderland di Lewis Carroll. La prima figura è quella del tempo che fugge, che corre follemente e senza sosta, che è vissuto minacciosamente, che incute paura. È rappresentata nella figura di White Rabbit, che mentre va sempre di corsa, controllando l'orologio con affanno, dice a se stesso:«Oh, dear! Oh dear! I shall be too late!». La seconda è tutta contenuta nel dialogo tra Alice e lo Batter, in A mad tea-party. Alice dice, dopo che l'orologio è stato immerso nella tazza di tè: «Che buffo orologio! Dice il giorno del mese, ma non dice che ora è!». E lo Batter risponde: «Perché dovrebbe? Per caso il tuo orologio ti dice che anno è?».«Ovviamente no - risponde Alice prontamente-ma ciò avviene perché sosta nello stesso anno per un lungo tempo».«Che è esattamente ciò che fa il mio» risponde lo Batter. Se si tiene in mente la scena si ricorderà che lo Batter può manipolare il tempo onnipotentemente, e far sì che sia sempre la stessa ora della giornata, l'ora del "five o'clock tea". Si ricorderà inoltre che la cosa presenta degli svantaggi, non è mai possibile sostituire né lavare il vasellame, giacché è sempre l'ora di prendere il tè. Gli assurdi personaggi della storia possono solo spostarsi intorno al tavolo per tornare in definitiva sempre allo stesso posto. Nell'analisi degli anziani queste figure (che si trovano anche nelle analisi di pazienti di ogni età) possono acquistare un particolare rilievo. La prima ci mette in contatto con le angosce derivate dal tempo che fugge e che annuncia la fine vicina, facendo scomparire il tempo presente. Eppure è vero che:«... Nessuno è tanto vecchio da non poter sperare in un altro giorno di vita. E un solo giorno è un momento della vita» (Seneca, Lettere a Lucilio, Libro I, 12, 22

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