Il piccolo Hans - anno XX - n. 78 - estate 1993

suo discorso mi sembra cadere talvolta nel passatismo, nella cafonata e nella confusione. Accusare il "potere" e i "mercanti" di ignoranza tautologica- da parte di uno che ne ha approfittato senza scrupoli, a suo tempo, e che si è entusiasmato, nel periodo del peggiore stalinismo, per il comunismo e il castrismo, da una parte, mentre poi, d'altra parte, esponeva nelle più grandi gallerie, senza parlare dei musei più ufficiali, di New York e di Parigi-, questo atteggiamento ha un aspetto puerile, subito contraddetto, d'altronde, dai lucidi argomenti sul contenuto del Grand Verre. Matta ha sempre tessuto con humour questa tela di contraddizioni folgoranti. Chiusa parentesi). Lo ripeto- continua-: l'essenziale, in Duchamp, è il passaggio_ dalla Vergine alla Sposa, non l'oggetto finale. E il lavoro di tras-formazione, il processo della mutazione di tutte le cose, di tutte le energie (il suo moto browniano, insomma), a costituire la sua ragion d'essere, e che gli conferisce un senso. Non c'è una morfologia definitiva, né per gli esseri, né per gli oggetti. Ciò che interessava a Duchamp è il concetto di mutazione perpetua, non la merce che ne risulta. E certamente i visitatori, o le visitatrici, che sono andati fino al museo di Filadelfia per osservare in situ il capolavoro Étant donnée - al quale Duchamp ha lavorato in segreto per vent'anni- sanno a che cosa Matta vuole riferirsi. Quel passaggio, da una forma di vita a un'altra forma di vita, in breve, il movimento stesso del pensiero: è proprio su questo che anche Matta ha imperniato il proprio lavoro- a colpi di genio, visionario, innovatore, in tele come La Vertige d'Eros, o Etre avec, o anche sbagliando completamente obiettivo, come nel video che ha mostrato a una recente Biennale di Venezia. Ciò che mi sembra più vitale, in lui, sono le micrometodologie- un bricolage alto e ispirato- grazie alle quali 196

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