Il piccolo Hans - anno XX - n. 78 - estate 1993

«senno» che «sapea,vincere-il destino» che già.gli aveva attribuito Pietro Aretino in un suo sonetto «a la eterna memoria del glorioso Ariosto», e che «le incomprensioni del Seicento barocco e pedante» (Caretti)10 e le stesse riserve del grande De Sanctis (che gli rimprovera, nella sua Storia11 , di non avere «il sentimento della natura, come non hai il sentimento della patria, della famiglia, dell'umanità, dell'onore»), avevano obliterato o ignorato. Ricorriamo ancora a Segre12 • Dopo aver rilevato la scarsa significanza delle altre - non molte! - Lettere13 ariostesche, egli aggiunge: 182 Ma ecco la grande- non certo gradita - avventura della Garfagnana. Tra le mille difficoltà del Commissariato di una terra in 9, uieta e le direttive contradditorie del principe, 1 Ariosto scrive al Duca per dargli notizie, chiedergli ordini. Nulla dunque di meno letterario di queste lettere anche perché il Poeta è troppo preoccupato dalle difficoltà e dai problemi giornalieri per poter descrivere con qualche compiacimento la sua situazione. Non che manchino le belle pagine: la concisa relazione dei fatti, quando il segno sia netto, sicuro come quello di un Ariosto, può divenire quadro unitario e potente. Tuttavia, in mezzo a una materia narrativa in fondo meschina, si a p re una strada sempre più ampia, ed esige più d altra cosa la nostra attenzione, la rivendicazione di una coscienza. Perché la moralità dell'Ariosto, che nelle Commedie e nelle Satire, tendendo verso l'universale, si articolava all'estuario della meditazione, nelle lettere è ancora tutta carica del sentimento che l'ha infiammata, polemicamente opposta alla realtà. E questa coscienza combattiva diventa, nella scrittura, riposizione di situazioni vigorosamente spoglia, definizione di programmi, rimprovero schietto e coraggioso al principe; diventa, e sono le cose più belle, accorato esame di coscienza, abbattimento, esortazione, con rude potenza espressiva.

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