Il piccolo Hans - anno XX - n. 78 - estate 1993

- forse, anzi, ne costringe in linee perfette i netti contorni. Così l'autobiografia, già svolta secondo il ritmo poetico del ricordo, si sporge verso la favola; e la favola non ignora, nel suo breve volo felice, da che suolo abbia preso il balzo, per ritornarvi. Tre delle sette Satire ( laIV, la VI, la VII), sono state sicuramente composte durante il governatorato di Ariosto in Garfagnana; la quarta, anzi, rompe un lungo periodo, un anno, di silenzio poetico: E questo in tanto tempo è il primo motto ch'io fo alle dee che guardano la pianta delle cui fronde io fui già così giotto. La novità del loco è stata tanta c'ho fatto come augel che muta gabbia che molti giorni resta che non canta. (IV, VV. 13-18) La quarta, anzi, come il Capitolo V, ci offre una vivace descrizione delle condizioni di vita e degli stati d'animo del poeta in quella provincia aspra e tormentata alla periferia del ducato Estense, cui era appena tornata ad appartenere. Qui Ariosto aveva accettato di recarsi come Commissario, non certo per l'ambizione di un incarico, tutto sommato, prestigioso, ma «per bisogno»: stretto dalle necessità della guerra contro il papa Leone X, il duca Alfonso aveva del tutto sospeso gli stipendi ai suoi cortigiani. Con la stessa franchezza («lo dissi a viso aperto e non con fraude»; Satira I, v. 21) con cui si era rifiutato di seguire Ippolito in Ungheria, il poeta aveva fatto presente al Signore: 180 ...O voi, signor, levarmi dovete di bisogno, o non v'incresca ch'io vada altra pastura a procacciarmi. (IV, vv. 184-186)

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