Il piccolo Hans - anno XX - n. 78 - estate 1993

Forse è stato Cicerone, nel doloroso lutto per la morte di Tullia - lutto che sembra aver scatenato in lui una grande attività creativa - colui che meglio ha descritto, nei termini delle leggi di natura e della loro ineluttabile necessità, ciò che oggi appare rimosso: «... non può aver trascurato la natura l'ultimo atto (l'ultimo atto del dramma, che è uno, poiché la 'vita' ha un suo corso ben definito) e deve avere dunque qualcosa di vizzo e di caduco» (Cicerone, De Senectute, II). 2. Per smentire la specificità della vecchiaia, nella letteratura psicoanalitica, si argomenta che l'inconscio non conosce il tempo. Si dimentica che l'inconscio non è la totalità dell'apparato psichico. Si tralascia di dire, inoltre, che il concetto di sviluppo nella teoria psicoanalitica presuppone un complesso processo di risignificazione retroattiva che ha la durata della vita stessa. Prendiamo come esempio il complesso di Edipo: se è canonico che esso sia sottoposto a rielaborazione ogniqualvolta le vicissitudini della vita normale sollecitano il soggetto - pubertà, matrimonio, nascita dei figli, ecc. - per quale motivo ciò non dovrebbe accadere di fronte agli eventi vitali che caratterizzano la vita del vecchio? E cioè, il pensionamento, la nascita e crescita dei nipoti, la morte dei coetanei, la malattia, il pensiero della propria morte. Anche senza condividere i presupposti teorici che ispirarono E. Erikson nel concepire l'intero ciclo vitale come una sequenza di compiti di sviluppo, è possibile percepire l'utilità e la correttezza di vedere il ciclo dello sviluppo umano esteso fino alla morte dell'individuo (E. Erikson, 1959; H. W. Wylie & M. L. Wylie, 1987; H. W. Loewald, 1979). Stefania Manfredi Turillazzi (1991) ne ha parlato, in un lavoro a cui farò rHerimento anche in seguito, in termini di una «prospettiva complessiva del ciclo vitale». Se diventa dunque pensabile che anche la vecchiaia è un momento particolare dello sviluppo dell'uomo e non 17

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