Il piccolo Hans - anno XX - n. 78 - estate 1993

ma anche un'autocastrazione, come si intravede nella vicenda di «Un contratto», con la resa totale ad Olivi junior, o nell'ultima avventura erotica con Felicita. E che sarà mai, se non una castrazione, quella sottesa ai rapporti con il figlio Alfio e con la sua pittura? Che qui opera nella forma rovesciata, non dico ipocrita, del riavvicinamento, dello sforzo di comprensione, insomma ciò che Zeno chiama, con perfetta ambivalenza, «la bontà»: «Intanto che l'accarezzavo urlavo dentro di me: "Come son buono, come son buono!" Il sentimento di essere tanto buoni minaccia di portarci ad essere meno buoni...». Non altrimenti questa bontà spuria guida il comportamento nei confronti del «povero Valentino» e del cerimoniale di lutto esorbitante della figliola Antonia. Quanto all'aggettivo «ilare», di cui vedo sempre più l'improprietà, o almeno l'efficacia ridotta-si potrà cercare di rimediare così, riconoscendo che tutto il racconto di questi brani di Zeno vecchione, è percorso, scrollato gentilmente da ciò che chiamerei un tremito di riso; il quale non contesta l'autenticità, propria e altrui, anzi ne è la marca. «Zeno grammofono» Nello studio di Zeno («comodo e bello rinnovato da Augusta parecchie volte nel corso degli anni...») c'è un grammofono. Si tratta di una presenza di non poca importanza. Questo grammofono è, per Zeno, uno strumento, non solo nel senso che gli consente di ascoltare musica, di goderne; ma in senso più sottile perché ad esso si affida per compiere alcune delle sue piccole operazioni castratorie. Esso serve a tagliare la voce.ai visitatori, agli interlocutori importuni - a nullificarne ogni possibilità di comunicazione. «Io sono capacissimo di stare ad ascoltare una persona che mi parla senza sentire una parola di quanto mi dice...» 161

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