Il piccolo Hans - anno XX - n. 78 - estate 1993

Fuori-di-posto A dispetto della distanza vertiginosa fra i due, la specie di parallelo abbozzato all'inizio con Edipo e Zeno - l'Edipo dell'Edipo a Colono e lo Zeno della «Continuazione» - è forse meno assurdo di quanto non appaia al primo momento. Ciò che li richiama l'un l'altro non sarà appena il tratto della vecchiaia, tuttavia sotto certi aspetti determinante, quanto la questione del posto, ossia la questione dell'eterogeneità. Entrambi sono eterogenei al luogo in cui vengono a trovarsi, e intendo luogo non appena come una fisicità naturale ma un insieme di usi, di convenzioni, di leggi insomma di enunciati. «Sono venuto a offrirti in dono questo mio povero corpo» dice Edipo a Teseo, cercando il proprio sepolcro; e fino dalla prima scena ha occupato un posto inoccupabile (il suolo che appartiene alle Erinni). Al termine della tragedia, tale eterogeneità si dissolverà, proprio diventando totale ma pacificatrice - con la scomparsa in una colonna di luce. D'altronde tutto il testo sofocleo ruota intorno al punto del «luogo», che è anche il luogo dell'evanescenza/ricostituzione del soggetto, come enuncia il verso famoso: «E adesso che non sono più, sarei finalmente un uomo?». Con divario certo non piccolo, anche Zeno Cosini si trova ad affrontare qualcosa che concerne il posto e il soggetto. In apparenza ben sistemato nella società e nella famiglia, Zeno avverte una propria eterogeneità causata .dal fatto di vivere la vecchiaia non come tempo e disgregazione ma come mezzo d'analisi. La sua vecchiaia è un apparato che provoca effetti di diffrazione, di frangia, a partire magari dall'etichetta anomala di cui viene insignita (appunto, quanto si è detto a proposito del termine «vegliardo»...). La vecchiaia, per Zeno, è il posto dove si incontra la castrazione, una castrazione ilare se l'aggettivo sia lecito; 160

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