Il piccolo Hans - anno XX - n. 78 - estate 1993

ebraico-cristiana, profana e profanatrice. Vede a destra un torrione, è della TV e sopra ha un'antenna. Per vederlo deve salire su un balconcino rigonfio (disegna nell'aria una specie di «pancia»), a sbarre (che disegna) e con il pavimento pure fatto di sbarre di ferro. Le fa molta paura, ma riesce a salirci strisciando sul ventre e alzando il capo a vedere l'antenna TV. La torre è decorata a strisce rosse e gialle. Riesce a tornare indietro sempre strisciando ed è contenta come se fosse riuscita a sporgersi sul vuoto senza provare paura. Il torrione «scoperto» da un balconcino rigonfio, pone la «discesa» dell'uomo, come nel sogno di un'altra analizzante la caduta nella macchina «decapotabile» in cui l'aspettano due amici ebrei, sotto il segno ebraico di una limitazione delle nascite, sottopone il godimento paterno alla sterilizzazione che subisce chi sale e sosta sulle antenne TV. Il fallo del godimento paterno si sposta verso il castello delle teorie sessuali infantili, in cui «senza paura» si osa. Osare pensare è l'avventura in cui si struttura il soggetto. La corrispondenza inconscia di pensiero e sessualità è tale che Viviana non ha altra via per riuscire a sopravvivere al crollo delle sue teorie sessuali infantili che rimpiazzare la perduta ignoranza della vagina con la dimostrazione sempre ripetuta di una sua assoluta ignoranza intellettuale. Nessun argomento tratto dalla sua superiore cultura riesce a farla recedere dal dare a parole e nei fatti prove sempre più rovinose della sua tesi. Proporzionato alla gravità della lesione subita dalle sue teorie è il provvedimento che la donna ha preso di tagliare il nesso tra i suoi sogni e la coscienza. Ai suoi occhi non esiste che il significato manifesto: il lavoro onirico da cui traspare la teoria del sogno è da lei disprezzato o attribuito a qualche invenzione dell'analista. Anche nel suo caso tuttavia, come in quello di Evìta con la macchina che le 134

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