feriore e pertanto non ammesso ad entrare in casa. Questo luogo le ricorda lo studio di Freud. Sente che lì deve recarsi. Dentro c'è l'analista, accanto a un seggiolone antico, lavorato. Con la mano accarezza il legno sopra lo schienale e la esorta a smetterla di stare con i taxisti. Rosso la casa (che le ricorda quella della sua infanzia a Lerici), giallo dei taxi. La collocazione della paziente risulta dai termini stessi della sua descrizione del palazzo. Parlando di architettura barocca, di ornamenti dorati, essa svela la precarietà del suo rapporto alle teorie sessuali infantili. L'analisi la confronta al luogo della teoria sotto forma di una lavorazione del romanzo familiare, ma questo luogo appare artificioso, fasullo. La falsificazione insidia la tenuta della costruzione erronea ma fondante in cui consistono le teorie sessuali infantili. La credenza zoppica e la donna inclina alla fuga nella perversione attraverso la ricaduta nel legame incestuoso con la madre ebrea. L'esortazione dell'analista a non cedere al richiamo dell'«origine» ebraica è accompagnata dal gesto che invita a una diversa forma di lavorazione: la mano che accarezza il legno dello schienale fa segno a una lavorazione che è quella relativa alla materia seminale (il legno) del godimento paterno. Mentre la leggerezza del gioco con i residui culturali di un ebraismo di riporto (i taxisti) sprofonda la donna nella grevità del sangue e della razza, la lavorazione del godimento del padre è simultaneamente lavorazione del nome e possibilità per il soggetto di accedere a un luogo di verità e di sapere: lo studio di Freud. Ma i giochi, le scelte, sono già fatti e il sogno successivo lo dimostra. Tornano i tratti frivoli e grotteschi con cui normalmente lo psicotico contorna la perversione nel ripassare i lineamenti del volto del padre che gode. Tutto nel sogno seguente parla della madre e del mondo della madre, ma del mondo abbandonato dalla madre, e quindi sì dello stato di Israele che la madre ha 128
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