Il piccolo Hans - anno XX - n. 77 - primavera 1993

La parola meteca di Djuna Barnes Non sapersi orientare in una città non vuol dire molto. Ma smarrirsi in essa, come ci si smarrisce in una foresta, è una cosa tutta da imparare. (W. Benjamin, Infanzia berlinese) The language I have learn'd these forty years, My native English, now I must forego: And now my tongue's use is to me no more Than an unstringed viol or a harp, Or like a cunning instrument used up, (... ) Within my mouth you have engaol'd my tongue, (... ) What is thy sentence then but speechless death Which robs my tongue from breathing native breath. (W. Shakespeare, King Richard II, I, iii)"' Così Mowbray, nel Richard II dice della lacerazione dell'esilio, vissuto come messa a morte della lingua, mancanza di respiro. I versi dicono di quella ferita in maniera esemplare eppure hanno il punto di vista dell'uomo medievale che, radicato alla sua terra restringe il mondo al luogo in cui vive, la lingua alla parola natia. Il lamento * Devo l'attenzione per questo brano alla professoressa Rosalba Campra che si è occupata dei testi di viaggio ed esilio sud-americano come scrittura della memoria in una conferenza dal titolo «L'esilio argentino in Europa. Forme del viaggio forme della memoria». 92

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