Il piccolo Hans - anno XX - n. 77 - primavera 1993

nella è Aristotele, per il compromesso che egli istituisce nella {ictio tra ragione e imitazione. La mimesi e la favola vengono da lui accettate nella misura in cui non contraddicono i principi della verità e della moralità. La Poetica di Campanella nelle sue diverse redazioni si può leggere in T. Campanella, Opere letterarie, a cura di L. Bolzoni, Torino, Utet, 1977. 19 L. Firpo ha scritto che occorre innestare il testo campanelliano «nella biografia del suo autore, leggendovi però non il vangelo rivoluzionario del cospiratore, ma l'idealizzazione postuma, dopo il disinganno cocente, della congiura calabrese miseramente fallita sul piano della storia e riscattata così in sterile idoleggiamento fra le nubi dell'ideale» (v. L. Firpo, Lo stato ideale della Controriforma, Bari, L. Agostini, 1957, p. 314). Secondo L. Firpo il pensiero di Campanella ha un'origine estranea al problema politico e anche a quello religioso. Da questo punto di vista la Città del sole sarebbe la rappresentazione «di un evento certo e fatale, destinato a realizzarsi nell'economia cosmica» (ibid., p. 320). Su questi aspetti si veda anche quanto L. Firpo ha scritto recentemente in Per una definizione di utopia, in Utopie per gli anni Ottanta, Roma, Gangemi, 1986. 20 Si può ricordare a questo proposito che se è vero che la Controriforma apre un periodo di austerità per le arti, ma è anche vero che la mitologia pagana non venne molto colpita dagli eccessi di virtù aperti dal Concilio di Trento. Su questo punto si può vedere Seznec J., The Survival of the Pagan Gods. The Mythological Tradition and lts Place in Renaissance Humanism and Art, New York, Pantheon Books, 1953, pp. 264 e s. Il paradosso non è nuovo e risale alle origini del cristianesimo, quando gli uomini di chiesa formatisi nell'ambito della cultura pagana non riuscivano a sbarazzarsi delle memorie classiche. In questo senso si spiega il «lassismo» della censura ecclesiastica a proposito delle rappresentazioni artistiche che ritraevano dei pagani. 21 Questo aspetto della Città del Sole appare innegabile a dispetto del suo spessore filosofico, e anche se poi rimane vero che tutte le opere di Campanella, il suo stesso interesse speculativo e teologico non potrebbe essere compreso senza considerare la sua vocazione di riformatore. Su questo punto v. N. Badaloni, Giordano Bruno e Tommaso Campanella, in Storia della Letteratura Italiana, Dir. E. Cecchi e N. Sapegno, Milano, Garzanti, 1967, p. 141. D'altro canto G. Costa sottolinea che la filosofia di Campanella è basata sulla concezione escatologica dell'età dell'oro., cfr. op. cit., pp. 126-139. 22 Cfr. T. Campanella, La città del sole, a cura di A. Seroni, Milano, Feltrinelli, 1979, pp. 35-36. 23 Questo naturalismo poteva essere stato rinforzato dall'aver udito, in seguito alle recenti scoperte geografiche, che questa pratica della confessione pubblica dei peccati era in uso tra i popoli che vivevano ancora a diretto contatto con la natura, come gli Aztechi 39

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