Il piccolo Hans - anno XX - n. 77 - primavera 1993

uno specchio di parole, lo stesso volto che prima mi guardava dal di dentro. Specchi d'inchiostro (Miroirs d'encre, secondo il bel titolo dato da Michel Beaujour al suo saggio sulla «letteratura dell'io»). In realtà spero nella resurrezione dell'io dislocato nell'autoritratto: in un testo in cui è il mio proprio volto a passare come s'imporpora un viso... Questo divertimento colpevole di una scrittura che trabocca sarebbe da collocare, secondo la notazione vagamente socioletteraria di Beaujour, sul versante di un apprendistato della morte e potrebbe costituire il prodromo di un libro a venire... La metafora del testo come specchio, che costruisce il doppio di chi si guarda, ha l'aspetto reale dello strumento fisico che serve al pittore per autorappresentarsi, e di quello retorico, mnemotecnico, che dà allo scrittore il luogo in cui «fissare» l'assenza del corpo nel proprio corpus letterario. La tempesta qui è specchio di parole. Un lago apparentemente tranquillo, e non invaso. Ma questo lo sapevo bene, fin dall'inizio! Rinunciando alla narrazione per l'analogia, la metafora, il poetico, non per questo ho inteso fare dell'autobiografia. Esiste un'ulteriore differenza, quasi un décalage nel rapporto codificato fra soggetto e scrittura. È l'autoritratto, nel quale l'autore intende dire «chi è mentre scrive», e che nella tradizione letteraria trova il suo insuperato esempio negli Essais di Montaigne. In questo genere di scrittura, il genere della contemporaneità, si tenta la trasformazione di una topografia dell'immaginario personale in una topica della cultura collettiva. In altre parole, con meno o più sapienza retorica, la trasformazione dell'imbuto del privato in una folle rappresentazione testuale. Paradigma sempre aperto, Lo scriba e il tiranno è proprio il ritratto di chiunque scriva. Per essere tale, cioè ritratto, mette tra parentesi il modulo temporale chiuso del curriculum vitae, anche se vi attinge. 195

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==