Il piccolo Hans - anno XX - n. 77 - primavera 1993

(la copertina è gialla). «Sacrilegio!», esclamo. «Oh, no!», si agita Burgess. E fa l'atto di sputarci sopra, al libro. Sput! Sput! Agitando una mano davanti agli occhi, come per cacciar via un insetto fastidioso. Poi accende un sigaro e mi chiede se noi criptobuddhisti crediamo all'immortalità dell'anima. «E la morte?». «Non c'è l'anima, rispondo, nessun io da salvare, dopo...».«Uhm, giusto, ragionevole». E parla, parla inesauribile e forbito, ironico e instancabile, in un italiano incomprensibile o in un bellissimo inglese, a piacere. «Sì, la lotta continua. Sogno di ogni scrittore è l'opera compiuta, perfetta, ma viva anche, non mi sono bastati cinquanta libri, sput!, per risolvere questo problema e perciò sono ancora qui a tentare». «A tentare, dopo cinquanta libri?». «Sput! Sì, in questi giorni è uscito un mio volume su Mozart, s'intitola Mozart and the wolf gang, dove c'è di tutto, dialoghi in paradiso tra musicisti defunti, e ci sono io, Anthony Burgess, e tutti-Beethoven e Mendelssohn, Wagner e Bach- parliamo di lui, Mozart, il perfetto, il divino, il figlio di Dio». E continua, inesauribilmente, inesorabilmente, seminando qua e là il discorso di citazioni letterarie e di ricordi: «Ho trascritto in prosa la Sinfonia numero 40 e ho scoperto che nell'ultimo movimento ci sono una dozzina di note che sembrano di Schoenberg, non le pare straordinario questo salto in avanti di oltre duecento anni? Una finestra che si apre un momento sul futuro e che subito si richiude». Eccomi qua. Che tempo fa sull'albero dei lupi? Uh, l'autobus di Segrate è in ritardo? Allucinante? Normale? Viene... viene. Non è possibile: è troppo presto, è troppo tardi. Come una mamma che si strangola. Un attimino. Si vede che non sono ancç,ra diventato un lupo. Sono la mamma di Cappuccetto rosso. E uscita per portare la focaccia alla nonna che abita a Segrate e non è ancora tornata. Neanche una telefonata! Sicché l'attesa è la somma di tutte le attese. La solita croce, un incanto, una palude stregata, una storia che non ce la fa a finire, o che forse non è mai cominciata. L'attesa è un battibecco al telefono, una finestra che subito si richiude, una corsa precipitosa. In bilico, nell'effimera danza tra la vita e la morte. Annusa l'aria. Tendi l'orecchio. Lo senti venire? Viene... viene. Corri, corri... Va', citrullo. A rottadicollo... Dio che castigo lo scrittore al suo secondo romanzo. E anche quello al terzo, al quarto, e oltre. Per non parlare del postmortem. Cioè dello scrittore che dopo morto continua a pubblicare, da chissà quale limbo, inchiodato all'attesa.L'attesa del morto, dell'antenato. Ma questa è un'altra trance: mate186

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