Il piccolo Hans - anno XX - n. 77 - primavera 1993

Intendiamoci, non sono cinici: sono soltanto disillusi. Loro, gli impiegati, non sono come noi che dalla scrittura ci aspettiamo chissà cosa (passiamo dalle immagini alle parole e impieghiamo molti anni a far capire la nostra poetica e siamo spesso accettati per la parte più superficiale delle nostre composizioni, un equivoco patetico, cerchiamo di uscire da questa storia, complottiamo in una parentesi, questa, e chiediamo ai tanti fantasmi che vi si affollano, vi si rinchiudono, dove sia la promessa del tempo e quella della scrittura - che sfugge, la paraninfa, sfugge eternamente e si trasforma in alloro, tanto che Apollo, ironicamente, lo indicò, l'alloro, come segno di gloria poetica. Ah, il trionfo. Un gemito, alla fine. E tuttavia continuare a credere nell'eternità della carta, nell'inchiostro che una sola goccia d'acqua può distruggere, fare un passo verso i lettori, cioè verso i falsi lettori delle case editrici italiane, medio-italiane, ragazzini che prendono duecentomila lire lorde a scartafaccio per fare schede di lettura che sembrano compitini da liceale, con punti di vista letterari ed altre assurdità, sempre così tesi ed agitati, con il telefono che squilla in continuazione e ossessionati dalla resa sul pubblico, il marketing, il best seller che fa quadrare il bilancio e permette la sopravvivenza del grande editore, cioè della macchina, tutto un sistema immobile, benché sembri scintillare come un presepe visto da lontano e noi, con il culo nella cenere, chissà se andremo mai al ballo degli artisti. La grande Casa editrice: un turbine immobile, verso il quale, come un primitivo, un estatico, la gallina in trance, lo scrittore in attesa del parere fa un passo, magari due, e non per questo sfugge alla morte che lo fa scrivere...). Arriva la fatina. Corri in giardino a prendere i cetrioli della vita tua e paf! li trasformerò in una bella carrozza tutta d'oro. E i sorci, i sorci verdi, paf! paf! sono bianchi cavalli scalpitanti. Ora puoi andare al ballo degli artisti. Lo scrittore è mosso da un sogno scintillante, luminoso, acuminato. Vorrebbe morire per amore, ma poi finisce con lo scrivere lettere di accompagnamento agli editori, cioè agli impiegati delle case editrici (case, dal momento che gli ultimi editori sono morti). Poi, col tempo, invecchiando, spirito scrupoloso, finisce con l'infilzarsi a un chiodo arrugginito. L'altro giorno, con Anthony Burgess al bar di un hotel del centro di Milano. Sul tavolo Eantica lama, il libro appena uscito da Garzanti. Lo sposto e ci cade sopra una goccia di Strega. Inorridito, osservo la macchia formarsi proprio sulla «U» di Burgess, spandersi di sbieco verso l'alto. Color cacca 185

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