Il piccolo Hans - anno XX - n. 77 - primavera 1993

ne), e infine ascolto di sé dal punto di vista del silenzio. Incommensurabili sono allora le situazioni di prima e dopo: dallo smembramento e l'angoscia al godimento del significato e alla gioia, alla gioia sepolta nel proprio sistema nervoso. «È una sensazione - dichiara Ginsberg - che comincia da qualche parte nella bocca dello stomaco e sale nel petto e poi esce dalla bocca e dalle orecchie e scaturisce come una cantilena un gemito o un sospiro». Vicino al corpo desiderante, più vicino al segreto delle energie mutanti, il poeta aggiunge parole alle sensazioni, guarda e vede e cerca di descrivere ciò che ha suscitato il sospiro - e si sospira in parole. Scrivendo, non si fa che articolare la sensazione mettendo nero sul bianco. «Semplicemente questo. O in realtà ciò che accade, nella migliore delle ipotesi, è che c'è un preciso ritmo del corpo che non ha parole precise, o magari ha un paio di parole chiave. E poi, nello scriverlo, è soltanto attraverso un processo di associazione che scopro qual è il resto dell'affermazione: ciò che si può raccogliere attorno a quella parola, ciò a cui quella parola è connessa». Alla fine, catarsi e abreazione. Come nei riti di possessione, l'entità (la sensazione) che prima rumoreggiava disordinatamente e aspirava al riconoscimento, si manifesta. E il posseduto, paradossalmente, si libera dall'angoscia lasciandosi invadere e "cavalcare" dal dio. Coscienza dominata e liberata allo stesso tempo, ora può abitare attivamente il mondo, ed estasiarsi nel mondo. «C'è un preciso ritmo del corpo che non ha parole precise». Questa fase corrisponde, nei riti di possessione, alla trance preliminare. C'è qualcosa d'inquietante, che richiede attenzione, e vuole musica, vuole parole di riconoscimento. L'entrata dello spirito (dell'impulso tirannico che determina l'occasione scrittoria) è associata all'angoscia. 179

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