Il piccolo Hans - anno XX - n. 77 - primavera 1993

zio. Ottenuto finalmente il permesso di leggere Piccole donne, la giovane Edith giudica con estrema durezza l'abilità linguistica di Louise Alcott: «il mio orecchio, abituato all'inglese brillante di Alice nel paese delle meraviglie, era esasperato dalla trascuratezza della grande Louise» (p. 51). Sicuramente, gli amici e i conoscenti di Douglas non avrebbero fatto su di lei migliore impressione. Anche quelli più educati alle regole del buon conversare, come il giovane studioso di biologia marina che Douglas incontra a Napoli, e che passeggiava nelle pinete di Ischia parlando «di tutto, fuorché della propria specializzazione» (p. 39). Non troviamo questi personaggi nell'autobiografia di Edith Wharton. Li troviamo nei suoi romanzi, The Age of Innocence o Ethan Frame. Rispetto a Norman Douglas, la situazione si è rovesciata. Se qui lasciamo volentieri l'autobiografia per il romanzo, là altrettanto volentieri abbiamo lasciato i romanzi per l'autobiografia. Il rovesciamento è tanto più interessante se ripensiamo al fatto che Norman Douglas e Edith Wharton condividono l'opinione secondo cui i romanzi sono una sorta di realtà concentrata. Sono «la vita con le parti noiose tagliate via» (Eisenstein). Al falsario Edith Wharton i personaggi di romanzo riescono benissimo. Miss Wilberforce e gli altri abitanti della Nepente di South Wind sono schematici e rigidi. La concentrazione - o l'amalgama, per usare le parole di Douglas - li ha ridotti a caricature: come la zitella ubriacona, o il pastore protestante che abbandona i propri principi morali sotto il caldo soffocante dell'Italia del sud. Quando Douglas sostiene che avrebbe voluto conoscere personaggi come quelli dei suoi romanzi è troppo indulgente verso le sue creature letterarie. Inoltre, fa torto a Looking Back, certamente il suo libro più riuscito assieme 153

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