Il piccolo Hans - anno XX - n. 77 - primavera 1993

cibile all'educazione- come sembra sostenere Fussel- o ad altri fattori, questo disinteresse per gli aspetti introspettivi e intimistici traspare da ogni pagina di Looking Back. Alle prese con le reliquie che riguardano la sua vita, Edith Wharton segue una traccia del tutto diversa, ripescando dal passato elementi cronologicamente ordinati e collegati tra loro. Il suo intento è quello di ricostruire un carattere, mostrandone le tappe successive da un punto di partenza a un punto di arrivo. Se oggi sono così- sembra dirci Edith Wharton - le radici vanno ricercate in quello che ho vissuto fino a questo momento. Tutto comincia dall'infanzia. L'episodio con cui l'autobiografia si apre non è soltanto il più antico ricordo custodito nella memoria, ma un vero e proprio momento di fondazione dell'identità personale: il granello di sabbia attorno a cui l'ostrica può costruire la sua perla. Edith Wharton è esplicita a questo proposito: La bambina che in seguito divenne me, ma che non lo era ancora e non era nessun altro in particolare - questa bambina, che portava il mio nome, era andata a fare una passeggiata con suo padre. Questo episodio è la prima cosa che ricordo di lei e quindi faccio risalire a quel giorno la nascita della sua identità (BG, p. 15). Affascinata dalla propria vita interiore, dai propri pensieri, perfino dalla propria precoce vocazione di narratrice, Edith Wharton ancora non sa leggere, quando il suo divertimento preferito sta nel rigirarsi tra le mani un libro fittamente stampato. Alla madre, che cerca di distoglierla dalle sue occupazioni solitarie invitandola a giocare con i bambini della sua età, risponde: «non posso. Io devo inventare» (p. 39). Inventare, spiega, significava «camminare avanti e indietro, voltando le pagine sempre camminando [...] perché dal mistero di quelle incom144

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