Il piccolo Hans - anno XX - n. 77 - primavera 1993

concluso in sé stesso, lungo o brevissimo, che si apre con l'intestazione del biglietto, e termina quando la memoria si esaurisce. Non ci sono rimandi o riferimenti incrociati tra un brano e l'altro. Anche quando la memoria, per associazione o per contiguità, consentirebbe di prolungare il racconto, inserendovi un altro personaggio, Douglas interrompe bruscamente la narrazione, rimandandola al momento in cui il biglietto con quel nome sarà estratto dal bruciaprofumi. Così, prima di conoscere la storia di Mr. R., cui Douglas accenna alla fine del ritratto dedicato a Edmund Barton, dobbiamo pazientare cento pagine. Il materiale accumulato rinvia continuamente all'autore dell'autobiografia. È una struttura a raggiera, che impone ogni volta, per passare da un punto all'altro, il passaggio al centro, da cui le diverse linee si dipartono. Non è possibile, di conseguenza, ritrovare all'interno di Looking Back un percorso lineare. L'assenza di tale percorso impedisce di leggere l'autobiografia di Norman Douglas come il racconto di un'evoluzione personale. Le ultime righe di Looking Back, brusche e improvvise al pari dei passaggi da un biglietto da visita all'altro, sottolineano che la fine di questa autobiografia è casuale quanto il suo inizio. Semplicemente, alla curiosità verso il bruciaprofumi colmo di biglietti si sostituisce la noia per un gioco ormai sperimentato: Ci sarebbe ancora una manciata di biglietti da visita da passare, ma non ho più voglia di vederne altri. Ho voglia di smettere qui e subito, con un taglio netto (p. 452). Il progetto di parlare di cose e persone - non di sentimenti o emozioni - si accorda perfettamente con l'educazione ricevuta da Norman Douglas. Un'educazione che, secondo Paul Fussel, aveva compreso le lingue (russo, francese e italiano), la musica (pianoforte) e la scienza, ma «non includeva il ripiegamento in se stessi». Ricondu143

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