Il piccolo Hans - anno XX - n. 77 - primavera 1993

Da tale concentrazione trae origine il fascino che i personaggi di romanzo esercitano sul lettore. Ma anche sul romanziere: Douglas stesso ci dice che avrebbe voluto conoscere persone così. Edith Wharton, da parte sua, descrive il procedimento di costruzione dei personaggi prendendo a modello quei falsari che fabbricano finte statuette antiche a partire da frammenti autentici. La tecnica consente di ingannare anche gli esperti più abili, che verificano con un morso il sapore della terracotta invecchiata. Il lavoro del romanziere è dunque simile a quello del falsario. Mentre chi scrive un'autobiografia - è ancora Edith Wharton a dirlo - somiglia a «un appassionato ricercatore di reliquie». Douglas, appassionato frequentatore delle centinaia di vite di santi scritte nel Seicento, avrebbe sicuramente trovato questo paragone azzeccato. La concordanza sul piano teorico ha però esiti disuguali. Mentre Edith Wharton è un perfetto falsario, chi si distingue come abile ricercatore di reliquie è piuttosto Norman Douglas. Lo vediamo dal confronto tra le autobiografie, che hanno alla base due atteggiamenti singolarmente contrapposti. L'uno, all'origine di Looking Back, fa sì che proprio in questo libro - non nei romanzi - troviamo il Norman Douglas migliore. L'altro fa fallire il tentativo autobiografico di Edith Wharton, che entra nelle storie della letteratura solo grazie ai suoi romanzi. Come appassionato ricercatore di reliquie, Douglas ha una traccia da seguire: i biglietti da visita conservati dentro un'anfora bruciaprofumi. È una traccia che organizza i materiali raccolti in Looking Back secondo un percorso inconsueto. Invece di procedere seguendo l'ordine cronologico, o seguendo un ordine associativo, che organizza le memorie in base ai loro contenuti, Douglas procede per tasselli indipendenti, semplicemente accostati l'uno all'altro. Ogni cartoncino da visita dà origine a un brano 142

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