Il piccolo Hans - anno XX - n. 77 - primavera 1993

stare per sette ore nello stesso posto a fronteggiare il nemico, pronto a mettere in azione i denti a canale interno che sono, come è risaputo, se non i più grandi, certo i più ammirevolmente predisposti di tutti i serpenti velenosi...24 Si può affermare che la domanda che si pone Quiroga sia fino a che punto la bellezza dell'esterno dell'oggetto corrisponda alla bontà del suo interno, ai suoi sentimenti, alle sue intenzioni, alla sua persistenza..., la sua è una ricerca di principi morali, consapevole che ogni nuova realtà estetica permette di ridefinire la dimensione etica dell'uomozs_ I racconti di Quiroga non sono «racconti della foresta», i suoi personaggi sono «...quell'amalgama di frontalieri della foresta che toccano normalmente la sponda e intraprendono le vie più insperate ...»26 oppure che sono arrivati per vedere in un paio d'ore le rovine gesuitiche e, colpiti dal «mal di Misiones», non riescono più ad andarsene, come il personaggio di Villa Tacuara, Juan Brown. Omogeneo alla labilità di confini che vengono attraversati in continuazione, è il trattamento del personaggiouomo e del personaggio-animale, entrambi visti come soggetti senza marcata differenza e ravvicinati dal comune destino: animali che parlano e raccontano le umane sofferenze, che sono anche le loro; uomini la cui esistenza più che mai si accosta a quella dell'animate. Collegabile a questo argomento è presente in Quiroga quello delle barriere: dai poetici e immaginari «arrecifes de coral» della sua prima opera, che richiamano un'altra barriera, legata all'infanzia dello scrittore, quella formata dal dislivello del fiume Uruguay davanti alla sua città natale, alla favolosa barriera che Anaconda e gli altri animali della foresta sognano di creare: uno sbarramento lungo dieci chilometri da una riva all'altra del fiume che impedisca agli uomini di arrivare fin lì, recuperando un habitat abitato solo da animali. 135

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