Il piccolo Hans - anno XX - n. 77 - primavera 1993

lo importante la lotta per la sopravvivenza, ma essi non possono non essere interpretati alla luce di ciò che abbiamo individuato come un bisogno di «estremizzazione», di portarsi permanentemente al limite delle forze e immergersi in ciò che lui chiamò «il sentimento della natura» e che gli farà affermare: «è necessario penetrare come semplice anello nella catena di duri sforzi compiuti dagli elementi per costruire la Natura. Bisogna mettere radici, penetrare a fondo nella lotta come un nuovo fermento, fino a fare nostri i dolori e le gioie della grande gestazione selvaggia...»14. Una ricerca mai esaurita di un «posto nell'economia della natura», che si rivelò di impossibile accesso. Basandosi su uno scritto giovanile di Quiroga, Rodriguez Monegal15 sostiene l'ipotesi che lo scrittore non solo si considerasse orfano, ma anche «figlio postumo»; su questa linea si potrebbe affermare la presenza di un «complesso di morte», come desiderio di essere amato in quanto figlio di un morto, come rappresentazione della morte del padre, non della morte reale, ma in quanto simbolizzazione della morte del padre. Infine, il senso stesso del suo «destino» di scrittore ci appare legato alla morte del padre. Quiroga sembra divenire precocemente· consapevole del suo «destino» di scrittore; ciò appare già chiaro nel Diario tenuto in occasione del viaggio a Parigi, dove annotò: ...mi sento pervaso da un'aura di grandezza come mai prima. Mi credo di grande valore, degno di nota, con un avvenire, soprattutto, di rara gloria, non una gloria popolare, conosciuta, offerta, ma sottile, strana, fatta di lacrime di vetro... 16 In una lettera a Martinez Estrada alla fine dei suoi giorni, ancora, dichiarava: ...parliamo ora della morte, io sono stato e mi so128

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