Il piccolo Hans - anno XX - n. 77 - primavera 1993

to in patria, non sospetta dei suoi ospiti, pur essendo solo e pur senza conoscerli a dovere, ma si fida di loro a tal punto che «a lui parve gradito sdraiarsi» (VII 343). È questo un cambiamento essenziale nella vicenda del­ .l'eroe: mai in precedenza il dormire gli era sembrato gradevole, e questo stato di mancanza di paura, di piacere fiducioso del sonno prima dell'arrivo ad Itaca si ripresenta quando è sulla nave dei Feaci: ci dice l'autore a lui cadeva sulle palpebre un sonno profondo, continuo, dolcissimo, assai somigliante alla [morte (XIII 79-80) È strano, ma in entrambi i poemi omerici questa similitudine, divenuta topica nelle letterature posteriori, si presenta solo in questo passo, e questo indica a mio parere che l'autore non intendeva quello che noi possiamo intendere leggendo questo verso, ma un'espressione dal significato molto più letterale: Ulisse, al ritorno in patria, è in una condizione «in tutto simile alla morte» (0avfrtoo ayXtçm È0tkwç). Pochi versi dopo, Omero descrive lo sbarco de1 Feaci sull'isola d'Itaca: essi non svegliano Ulisse, ma con il telo di lino e con la coperta splendente lo deposero sopra la sabbia, vinto dal sonno; levarono poi le ricchezze che gli illustri Feaci [gli diedero quando partì, grazie alla magnanima Atena. (XIII 118-121) Tra i doni ricevuti dai Feaci, e in particolare dalla regina Arete, c'erano «uri lindo mantello e una tunica... il solido scrigno... cibo e rosso vino»9 • Questi oggetti ci fanno entrare in una dimensione del tutto particolare, in uno stato di ambigua contiguità fra la vita e la morte che caratterizzerà il canto fino a quando Ulisse non sarà pronto per compiere la vendetta. È piuttosto difficile determinare la funzione letteraria di questo 12

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