Il piccolo Hans - anno XX - n. 77 - primavera 1993

Il secondo è nel canto XIl3 , nell'isola Trinachia, quando il sonno di Ulisse permette il sacrificio dei buoi del Sole e la conseguente vendetta da parte del Dio. In entrambi i casi è un sonno foriero di disgrazie e nel secondo episodio, stando al racconto dell'eroe4, è mandato appositamente dagli dei per provocare la fine dei suoi compagni. Ma non solo in queste due occasioni Ulisse capisce che l'addormentarsi può essere pericoloso: in tutto il poema ha paura del sonno e, a differenza di quanto altri hanno sostenuto5, ha un pessimo rapporto con il dormire, tanto che il suo sonno è sempre dovuto a grande stanchezza, e quindi molto profondo. Nell'Odissea molti personaggi sognano (Telemaco, Penelope, Nausicaa, i Proci), Ulisse mai: il suo sonno è sempre funzionale al suo riposo, mai ad avvertimenti degli dei. Questi preferiscono apparirgli sotto mentite spoglie mentre è sveglio, mai gli lanciano sogni premonitori. Dicevamo quindi che Ulisse teme il sonno proprio perché il suo è così profondo da fargli perdere completamente il contatto con la realtà: il sonno gli è nemico, e mai Ulisse ad esso si abbandona volentieri, ma ne è di volta in volta «vinto», o gli si abbandona «per forza» o «nolente»6 • Quando è in viaggio cerca sempre di non dormire: così sulla nave al ritorno dall'isola di Eolo o al ritorno da Calipso7. Spesso non si fida dei compagni, come nell'isola Trinachia, o di chi ha vicino, come nel letto di Circe8 • E solo quando si trova in situazioni sufficientemente sicure, assieme ai compagni, normalmente all'arrivo in un nuovo approdo, si abbandona al sonno, dopo aver abbondantemente mangiato e bevuto. Per tutto il viaggio infatti non dorme mai in presenza di estranei, ma solo con Circe e Calipso, se pure malvolentieri e dopo aver preso mille precauzioni. Solo alla fine delle sue peregrinazioni cambia totalmente atteggiamento: quando si trova a Scheria, dopo aver ricevuto dal re Alcinoo la promessa di essere riporta11

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