Il piccolo Hans - anno XIX - n. 75/76 - aut./inv. 1992-1993

nuto socialmente positivo, e, tuttavia, proprio perché si tratta di una passione, nessuno potrebbe considerarla come un segno di una differenza della qualità umana che appartenga a un'origine e a un destino assolutamente straordinari e incommensurabili per chiunque non vi abbia una appartenenza ontologica. Se da questo nostro teatro del mondo entriamo in quello di Giordano Bruno, ci troviamo in una situazione che varrebbe la tentazione di mostrare, ripercorrendo punto per punto, simmetricamente rovesciata. Questo non significa che "tutta la filosofia" di Bruno appartenga, per così dire, a quel passato che non è più attivabile in un qualsiasi contesto in cui il dialogo trascini qualche elemento vitale anche per noi. Si sa che è impossibile e vano stabilire la "filosofia" di un autore in modo che letture successive non siano in grado di portare alla luce elementi che, in altra congiuntura, erano rimasti in ombra, e confinati agli oscuri destini del tempo. Nella storia delle vicende interpretative contemporanee, la lettura di tradizione warburghiana, che sottolineò la presenza determinante di elementi potenti della tradizione mnemotecnica, ermetica e astrologica, trascinò la figura del Nolano in uno spazio che Romanticismo e Positivismo non avevano voluto-potuto vedere, tanto forte era la forza di una storia costruita nell'opposizione tra luce e tenebre, tra ragione e autorità. Al contrario, credo che, costretti a sperimentare tutti i vizi delle nostre storie predilette, oggi avrebbe qualcosa da dirci il libertinismo politico di Bruno, che problematizza in anticipo le aspettative e le speranze universali della ragione illuminista. Ma l'orizzonte della conoscenza? 3. Nella pagina più bella del libro De la causa, principio et uno si legge: ... son degnissimi di lode quelli che si sforzano alla cognizione di questo principio e causa, per ap93

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