Il piccolo Hans - anno XIX - n. 75/76 - aut./inv. 1992-1993

ai prìncipi inetti e vili per far loro credere d'essere eroi nell'inseguire i più miti animali selvatici, ma anche come la mitologia. Dei personaggi dei miti, lo Spaccio rivela il carattere, che li contraddistingue, di essere i segni dei vizi, delle colpe, delle insensatezze degli dei. Possono essere temi di scrittura, ma soltanto a patto che siano «spacciati» dal cielo, cioè dalla posizione di esemplarità e dalla condizione di modelli, non solo per quel che si riferisce al comportamento degli uomini, ma anche per quanto ne concerne l'uso come linguaggio della letteratura. Non per altro motivo Momo, all'inizio dello Spaccio, descrive Venere invecchiata, Ganimede e Giacinto ormai fatti uomini e inadatti alla condizione di amasi di Giove e di Apollo: gli dei sono invecchiati anche come figure, che furono splendide, del linguaggio letterario, e a nessuno potrebbe ormai più venire in mente, dopo la rappresentazione che ne dà il Bruno, di rievocare l'intatta bellezza di Venere in quel luogo deputato della letteratura che è stato da sempre, in ambito romanzo, il mito pagano. Con lo Spaccio il Bruno intende, oltre ai temi della religione cristiana o ai luoghi poetici di intonazione pseudoeroica e adulatoria riservati alla celebrazione della caccia, anche mostrare l'inanità e la dissoluzione del linguaggio letterario della mitologia di fronte a quell'altro linguaggio, che soltanto è suo, del filosofo nolano, e che è quello della ricerca e della contemplazione della verità dell'universo. La ragione della scelta del concilio degli dei olimpici per rappresentare l'utopica riforma dell'universo, per cancellarvi ogni segno, che fu posto come esemplare, di vizio, di dissolutezza, di stoltezza, ma ha nulla a che vedere né con i Dialoghi piacevolissimi del Franco, che pure dovettero servirgli come spunto, né tanto meno con la letteratura eroicomica che verrà poi, fra il Bracciolini e il Tassoni, o con l'altra finzione dei ragguagli di Parnaso e d'Olimpo. Sì, c'è, nella scelta bruniana, la volontà di condurre un discorso in qualche modo esopico, onde rendere 78

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