dei nomi e delle situazioni della mitologia. Il Bruno, d'altra parte, usa un espediente umanistico e, prima, protocristiano, quello dell'appropriazione di tutto ciò che di positivo è nella mitologia pagana come immagine e allegoria della verità cristiana, ma capovolgendo l'intenzione apologetica in scherno. In questa prospettiva Orione può essere figura di Cristo, non diversamente dal Centauro oppure dalla Lepre: anzi, quanto più l'immagine o il personaggio mitologico appaiono obiettivamente lontani da ogni simiglianza con Cristo, tanto più la parodia può essere liberamente inventiva e feroce. Orione viene per tale fine trasformato in una specie di saltimbanco o di giocoliere, capace di strani, divertenti, bizzarri quanto frivoli giochi di destrezza, adatti a quella sorta di spettatori incantati del circo e della piazza che sono gli uomini comuni. Si noti la celebrazione, nella contrapposizione con l'esclusivismo della religione, delle virtù civili della repubblica romana in perfetto accordo con le posizioni della pubblicistica politica. Nel mondo c'è, nella rappresentazione parodica del Bruno, chi segue le vere virtù politiche e civili e chi, invece, se ne sta ammirato a contemplare i giochi di destrezza del saltimbanco che è Orione-Cristo. Nell'irrisione, il linguaggio, come sempre, si fa particolarmente acre, come nelle surreali trovate del far vedere le talpe senza occhiali e del far fare le capriole agli zoppi, che sono due formule fortissimamente denigratorie nei confronti dei miracoli di Cristo. Ancora una volta il Bruno, insieme con l'intento parodico nei confronti di Cristo, propone anche un discorso metaletterario. Come dei temi religiosi del cristianesimo non si può parlare se non per gioco e per parodia, non diversamente stanno le cose per quel che riguarda altri tradizionali argomenti di scrittura, come la caccia quale figura del coraggio in guerra e dell'eroicità, ma, in realtà, non altro che un'attività di beccai oppure l'illusione che viene fatta balenare davanti 77
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